Archivio

Nadia Zorzin

Evocazione sonora di una zona incontaminata e sospesa sulle cadenze di una filastrocca. Magica barriera di giocattoli trouvailles tracciata a protezione e cura del poetico spazio dell'infanzia.

Daniela Vesentin

Anche in questo lavoro, ma con opposte finalità, giocando con il tempo e la spazio, e con l'eterna mancanza dell'uno e dell'altro, si disegna un reale "preferenziale percorso" per arrivare in orario alla meta.

Valentina Sartori

Marcando una differenza fra i percorsi reali e i percorsi della fantasia, questo lavoro è un invito a uscire e a lasciarsi trasportare in un "girotondo" infinito e senza meta.


Cristina Pizzo

La sovrapposizione di un intervento di natura pittorica sulla superficie non neutra dei tabelloni orari genera una contrapposizione integrazione di codici e di linguaggi.


Raffaella Norcini Pala

Riappropriazione riumanizzante della macchina (obliteratrice) che attraverso una mutazione in chiave ludico-dissacrante, si mimetizza nell'assimilazione di naturale-artificiale.


Sandrine Nicoletta

Azione che trasporta uno stato abituale del corpo a isolare e a incidere uno spazio esistenziale laddove la dimensione del non luogo la nega continuamente attraverso l'indifferenziato.


Antonella Moschetti- Lucia Anselmi

La rigida griglia degli orari viene invasa attraverso un gioco di sovrapposizioni e sciolta dalla contaminazione e dai segni forti e aggressivi di un vissuto anonimo e personale.


Micaella Iagulli

Evento-performance interattivo che vede coinvolti viaggiatori complici con mete diverse: chiusa la bocca con segnali di divieto e aperto il registratore ad assorbire il flusso verbale sonoro dell'esterno.




Lisa Gherardi

Rovescio di immagini standardizzate, i volti deformati dal contatto con una barriera trasparente rinviano ad una inedita relazione con gli spazi da sempre destinati a sollecitare omologazione e uniformità.


Daniele Geminiani

Con un sottile gioco di rimandi fra esterno e interno si interviene su segnali funzionali codificati che vengono così contaminati con personali segni e tracce concreta della propria presenza-assenza.


Monia Gaiot

Alla pienezza della bandiere simbolo-segnale si contrappone qui il loro rovescio: il vuoto, la trasparenza, il congelamento del movimento e la possibile riappropriazione libera dal qualsiasi codice.


Nicola Favaro

Da Berlino a Bologna. Volti-ritratti di passeggeri. Città diverse ma stesso nonluogo: la stazione. L'adesione spontanea alla dislocazione spaziale attraverso l'occhio personale-impersonale della macchina fotografica.


Damiano Colacito

L'oggetto trovato, il ready-made ha qui una sua collocazione perturbante per l'incongruità e contiguità-lontananza dal contesto. La scansione ritmata del sottopassaggio provoca un effetto-cadenza di iterazione che polarizza l'attenzione. 


Simone Cesarini

Collocato in un passaggio esterno all'edificio della stazione, il suo lavoro si caratterizza per la frontalità ricostruttiva di un frammento d'immagine riprodotto su una superficie specchiante e per l'interazione con la realtà percettiva del viaggiatore-passante che ricostruisce in un punto la totalità dell'oggetto riprodotto.

Andrea Cavallotti

Una costruzione geometrica, dal forte impatto visivo, ricrea un ambiente-galleria percorribile ed abitabile come uno spazio "privato" sul quale poter intervenire, lasciare una traccia, un graffito, un segno grafico che qualifica l'ambiguita della parola "galleria".



Flavia Canè

Omaggio diretto alla memoria delle vittime della strage della stazione, il suo lavoro in termini immediati e diretti (85 fazzoletti annodati e lasciati a disposizione dei viaggiatori) comunica, attraverso la quotidianità di un gesto, il potere evocativo e l'imperativo morale "per non dimenticare".


Alessandro Caioni



L'idea di una scultura "da viaggio" non poteva non concretizzarsi nella forma della valigia o del contenitore più o meno simbolico di oggetti, di segni e frammenti di vita da lasciare come una sorta di testimone attivo, vagante e itinerante.



Andrea Buratti

Un quotidiano abbandonato, lasciato o dimenticato all'interno della stazione, non suscita certo la nostra curiosità distratta, tuttavia i giornali che l'artista ci propone diventano una traccia pervasa di un vissuto anonimo quanto presente e ineludibile.

Stefania Borsato

La naturalezza evanescente del sale colorato che ricopre una parte della massicciata tra i binari e destinato a sciogliersi e a svanire crea una dimensione di consistenza effimera nel suo contrasto primario simbolico.

Paolo Bertocchi- Vanessa Chimera


Nei punti di maggiore passaggio sono collocati dei rettangoli preformati di materiale espanso atossico sul quale i viaggiatori possono imprimere la traccia del loro passaggio e della loro presenza, assieme alla data, al nome, o ad un altro pseudonimo, pronti a trasformarsi in calco o in gesso, segnale pietrificato di un passaggio e di un istante.



Oreste Baccolini

In un ironico e sottile, per quanto forse casuale, rimando al proprio nome, l'artista ritaglia un brano di natura coltivata, un filare di vite, fra lo spazio innaturale di cemento e marmo.
Un'isola di lenta crescita, bisognosa di attenzione e di cura, fra i rumori e il quotidiano andirivieni distratto dei viaggiatori.


Antonella Antonioni

Disegni di oggetti smarriti-ritrovati riprodotti su cartoncini e disseminati in vari punti della stazione, propongono, in un gioco di rimandi, una sorta di percorso improbabile tra oggetti d'affezione e tracce di memoria individuale.






Alessandra Andrini

SCOMPARTIMENTO N.5 (Carrozza al binario n.78, in viaggio sulla tratta Bologna-Pescara)

Un normale scompartimento ferroviario abitato da ingombranti passeggeri senza corpo le cui immagini, proiettate, creano una sensazione di spaesamento e attivano una dimensione di incontro-scontro fra la realtà fisica e la percezione di "presenze" impalpabili.